Cuore allegro

La sua raccolta poetica crea quattro spazi come le quattro camere in cui è suddiviso il cuore anatomico.

Qual è il fil rouge che le attraversa?

Non esiste un unico fil rouge che attraversa il libro, probabilmente perché, essendo un esordio, avevo molti fili da tenere insieme. Sicuramente esistono delle costanti tematiche: la fine delle cose, l’amore, il sesso, il senso di abbandono e di impotenza, la vitalità. Ho provato a raccontare queste emozioni cercando le parole esatte, limandone i confini fino a scarnificarne i contorni. Mi è stato possibile attraverso le immagini legate a oggetti fisici che metaforicamente più raccontano per me la fine delle cose, e il loro guastarsi. Nella parte centrale del libro il tema forte è la morte, intesa come un misterioso passaggio, in cui l’io poetico si confronta con la vicinanza – quasi profetica – con chi è in viaggio e parlandomi rivelava in modo epifanico, alcune grandi verità per me fino ad allora sconosciute.

Forse il fil rouge di questa raccolta è proprio il mistero.

Animali, fili elettrici, liste della spesa, viscere riempiono l’io.

Ebbene, esso è concreto e componibile in un’identità o caducamente infranto?

L’io è sempre caducamente infranto. L’io poetico della raccolta si affanna a cercare una “stabilità identitaria” attraverso oggetti che possano puntellarne i confini. Ma è una ricerca il più delle volte vana, incompiuta. Forse una ricomposizione possibile si può ritrovare in alcune poesie come Torrente o come Caso Cromosomico. Lì si parte da una genealogia inevitabile, ma confusa, per arrivare ad alcune piccole certezze: esser figlia, amare ed essere amati inevitabilmente dai genitori, riconoscere una origine antica.

In altre l’io è spezzettato, confuso, dislocato. Penso a Confusione, Ostinazione Virale, Terremoto.

Le sezioni di Cuore allegro sono intervallate dai versi di scrittrici e scrittori: Anedda, Montale, Lorde e Nada, Woolf.

Può motivare le sue scelte, certamente attinte al suo patrimonio letterario?

In un libro di esordio la tentazione – e in effetti un po’ è andata così – è quella di metterci tutti i propri riferimenti; è ovviamente una tentazione fallimentare, perché, avendo io studiato lettere e letto abbastanza, potevo compilare un libro di citazioni piuttosto che scriverne uno mio. Ho quindi fatto una scelta per lo più istintiva. I versi di Anedda mi dicono qualcosa sul senso profondo della scrittura: un oggetto (una persona, una emozione…) è più vivo se scritto; Montale nei versi che ho scelto mi è stato raccontato e spiegato da un maestro (Pietro Cataldi) e una maestra (Tiziana De Rogatis) e non potevo prescindere dall’essere prima di tutto una loro allieva di lettere, dovevo contemplare la possibilità di essere impregnata e debitrice degli insegnamenti di lettura; Lorde è una poeta nera e lesbica, una delle pochissime che ha scritto esattamente quanto sia politico l’incontro amoroso tra donne; Nada è una voce potente, dissonante e immediata, volevo ci fosse un piccolo assaggio di tutta la musica italiana che ascolto quotidianamente e continuamente; Woolf, e in particolare Al Faro, è la scrittrice con cui ho più faticato, ma quando la fatica si è sciolta, è a lei che guardo come punto altissimo.

Lei è una delle socie della libreria delle donne di Roma, Tuba. Qual è lo stato delle autrici, oggi, in Italia rispetto ad ostacoli, progetti, opportunità?

L’Italia è un paese molto invischiato con il patriarcato. Esiste una forma radicata di resistenza – anche negli ambienti culturali più “illuminati” – all’autorialità femminile. Si palesa nei momenti più insospettabili, non solo nei grandi convegni in cui sono quasi tutti uomini a parlare, ed è per questo molto molto difficile spostare il segno. La letteratura italiana contemporanea è viva nel mondo in questi anni anche grazie alla scrittura delle donne (solo alcuni nomi: Ferrante, Mazzucco, Maraini, Postorino, Terranova, Agnello Horby, Di Grado, Durastanti, Melandri…) ma qui c’è ancora una forte resistenza a riconoscerne l’autorialità. Quando poi ci spostiamo nel ‘900 e si guarda ai programmi scolastici la situazione è desolante. Per fortuna esiste un lavoro reale di recupero delle scrittrici dimenticate o poco canonizzate (penso al lavoro della Società Italiana delle Letterate e della scrittrice Caminito), è un lavoro che contribuirà a far emergere una letteratura con una voce potente, un contrappunto inevitabile a un canone maschile letterario che ha delle punte di eccellenza altissime, ma che non avrebbe un minimo danno a contemplare tutte le altre vette raggiunte nella scrittura delle donne. Ma se continuiamo a pensare l’ambito culturale limitato in termini di spazio, non capiremo mai che la cultura, come l’amore, si alimenta per aggiunta, non per sottrazione.

Lei scrive anche per riviste femministe. Le donne, effettivamente, sono riuscite ad abbattere con fiera determinazione le gabbie concettuali in cui abbiamo abitato per lungo tempo.

Ebbene in cosa si diversifica il punto di vista muliebre?

Esistono dei luoghi letterari di resistenza, nella storia le riviste lo sono sempre state. Le riviste sono i luoghi in cui pensatori e pensatrici, intellettuali, visionari, si sono incontrati e hanno ragionato insieme. Le riviste letterarie (e politiche) hanno costituito un humus molto fertile per l’emersione di grandi uomini e donne della storia. Le donne ne hanno costituite alcune, e ho avuto il piacere e l’onore di collaborarci (DWF, Leggendaria, Letterate Magazine, Femministerie). Sono blog e riviste diverse tra loro, hanno un taglio diverso e tutte sono importanti. Di DWF sono stata anche in redazione alcuni anni. Ancora oggi credo che le riviste fatte da donne siano uno spazio di libertà che le donne si prendono, uno spazio nel quale non è necessario “farsi spazio”. Ovviamente non parliamo di luoghi esenti dal conflitto e dalle difficoltà, ma credo che lo spazio del pensiero collettivo e in relazione dia una linfa vitale molto forte per chi di noi scrive. È come fare una vendemmia insieme e poi passare una giornata da sole a gustare un buon vino. Quello che spero è che queste pratiche non siano soffocate da una necessità (legittima) di inclusione nel mondo maschile della cultura. Dobbiamo ancora fortificarci.

Viola Lo Moro si è laureata in letteratura moderna e contemporanea e specializzata in letterature comparate. È una delle socie della libreria delle donne di Roma, Tuba, della quale cura la programmazione. È, insieme ad altre, ideatrice e organizzatrice del festival delle scrittrici “InQuiete”. Ha scritto escrive articoli per riviste letterarie e femministe (Leggendaria, DWF, Letterate Magazine, Femministerie). Per i tipi di Giulio Perrone Editore ha appena pubblicato la raccolta di poesie intitolata “Cuore allegro“.

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