Verso l’editoria digitale. Storia, innovazioni e ibridazioni del sistema editoriale in Italia

L’Italia non si distingue certamente per quantità di appassionati alla lettura.
Quali ragioni ravvede in un dato ormai incontrovertibile?

Il dato è incontrovertibile solo se parliamo esclusivamente di lettura di libri. Se invece ci riferiamo alla lettura di un qualsiasi tipo di testo, oggi in realtà si legge molto più di prima. E le nuove generazioni di giovani leggono molto di più rispetto a quelle precedenti. L’avvento del digitale, la ri-mediazione e convergenza di tutti i media in un unico ecosistema, riconfigura completamente l’ambiente mediale in cui si legge.
Online, leggere diventa un’azione che l’utente spesso fa contemporaneamente all’ascoltare, allo scrivere, al fruire immagini. Pensiamo a una serie TV che guardiamo utilizzando i sottotitoli che oggi tutte le piattaforme in streaming mettono a disposizione in più lingue; o al giocare una partita a un videogame multiplayer in cui allo stesso tempo si manovra l’avatar, si leggono le istruzioni di gioco, si conversa con gli altri gamer, si scrive in chat; o più semplicemente a un qualsiasi dispositivo di messaggistica tipo WhatsApp in cui possiamo leggere un messaggio ricevuto, scrivere una risposta, ricevere subito dopo un vocale, rispondere con un emoticon, un GIF o un’immagine; o, infine, all’esplosione del mercato degli audiolibri. I grandi universi narrativi che oggi raccolgono i successi maggiori sono transmediali e intermediali: se l’utente vuole ricostruire il mondo narrativo e addirittura ampliarlo guarderà film e serie tv, giocherà ai videogame o ai giochi da tavolo, leggerà libri e fumetti, parteciperà scrivendo in blog, pagine social o piattaforme fandom.
La mediasfera digitale ha fatto emergere nuove pratiche ibride di lettura/scrittura/ascolto che non vengono rilevate o non vengono considerate significative soprattutto dal mercato editoriale.

La contemporaneità non contempla esclusivamente le opposizioni “oralità”/”scrittura” e “poesia”/”prosa” ma anche la possibilità di scelta tra e-book/on line e cartaceo, tra letteratura cartacea e digitale.
Quanto il fatturato è condizionato dal profumo della carta stampata o, viceversa, dalla comodità del digitale?

Nel nostro libro, “Verso l’editoria digitale”, noi rifiutiamo l’opposizione libro cartaceo – libro digitale. Anche il libro cartaceo, infatti, volente o nolente, è inserito ormai in una mediasfera pervasivamente digitale ed è solo all’interno di essa che può continuare a svolgere importanti funzioni. L’opposizione cartaceo-digitale è soprattutto il risultato di un mercato editoriale che, spesso per difendere obsolete rendite di posizione (si pensi ad esempio all’editoria scolastica o universitaria), blocca i tentativi di vera innovazione nei formati degli e-book. In fondo, se si guardano i dati di vendita, il libro digitale non è mai esploso definitivamente e il libro cartaceo continua a mantenere una sua forte centralità. Ed è anche normale: se l’e-book non prevede differenze significative di prezzo all’acquisto (soprattutto per quanto riguarda i best seller), se continua ad essere una mera copia digitale (con qualche funzione in più) di un libro cartaceo, se se ne limitano le enormi potenzialità che il digitale potrebbe offrirgli, rimarrà un prodotto, non dico di nicchia, ma sicuramente poco appetibile per un largo consumo.
Ecco perché nel nostro libro noi proponiamo l’avvento di un nuovo modello di mercato editoriale basato sulla personalizzazione del libro in cui al centro è il lettore che, partendo dai cataloghi degli editori, costruisce e progetta il proprio il libro in base alle sue esigenze. Io stesso utilizzo gli e-book per il mio lavoro di ricerca universitaria ma i romanzi continuo a leggerli in cartaceo. E, a questo punto però, il romanzo cartaceo lo vorrei, ad esempio, in un’edizione lussuosa, da mostrare nella mia libreria, con illustrazioni, con una copertina da me scelta, etc. E, dall’altra parte, vorrei strutturare io stesso l’e-book che mi serve, ad esempio, per la didattica universitaria perché ciò che mi offre il mercato non mi soddisfa. Ed è in base alle mie esigenze didattiche (che variano moltissimo in base alla tipologia di studenti e agli obiettivi formativi) che io come docente devo avere la possibilità di decidere se proporre ai miei studenti un libro fortemente “aumentato” digitalmente oppure un testo totalmente cartaceo. Insomma oggi il libro (sia esso cartaceo che digitale) non può più essere un testo chiuso ermeticamente e preconfezionato dagli editori.
La testualità, oggi, è frammentata, discontinua, specialistica oltre che caratterizzata da accessibilità massiva.
Al di là delle riflessioni d’ordine commerciale, il digitale è un antidoto per contrastare la diminuzione statistica della platea?

Come si diceva prima, sicuramente l’avvento del digitale ha aumentato il tempo che dedichiamo alla lettura di testi. Certo, è una lettura non silenziosa, ibrida, frammentaria, multimediale, di testi brevi, spesso addirittura collettiva o condivisa. Il problema quindi sembra riguardare esclusivamente la crisi del modello di lettura cosiddetta “intensiva”, lenta, silenziosa, di testi lunghi e caratterizzati dalla sola scrittura. Ed è a questo nuovo ordine testuale e concettuale che dovrà fare riferimento un’editoria fondata sulla personalizzazione del libro che non potrà più essere presentato come un testo rigidamente chiuso sia in fase di progettazione (scrittura) che in fase di fruizione (lettura). Tutto ciò che fino ad ora l’editoria digitale ha considerato come mere “aggiunte” (annotazioni, sottolineature, commenti, modifiche, inserimento di immagini, animazioni o file audio, l’apertura alla rete) andranno invece acquisite come irrinunciabili elementi costitutivi del nuovo modello di libro per il futuro. Modelli che dovranno essere pensati anche per recuperare la lettura intensiva di un testo, quella che sviluppa a livello mentale le capacità di astrazione, analisi ed empatia . Accurati e mirati elementi di personalizzazione, soprattutto per i testi rivolti a bambini e studenti, potrebbero essere strumenti formidabili per abituarli anche a una lettura profonda di un testo in cui il dovere di leggere (ad esempio lo studio) e il puro piacere possano finalmente confondersi e ibridarsi.
Probabilmente, il fenomeno più importante di questa fase dell’editoria digitale, soprattutto per l’editoria scientifica, è quello del self-publishing negli open archives. Quanto è elevato il rischio della vanity press?
Sono d’accordo, l’esplosione del self-publishing (insieme al successo degli audiolibri) è il vero fenomeno da studiare e da prendere in considerazione per immagine il futuro del mercato editoriale. E infatti nel nostro libro gli abbiamo riservato un capitolo dedicato. Anche qui, vanno ribadite due cose: la prima è che il self-publishing non riguarda solamente l’editoria digitale ma anche quella cartacea; la seconda è che anch’esso va nella direzione di un’esigenza e di una domanda di personalizzazione del libro ormai evidente da parte dei pubblici insoddisfatti dall’editoria tradizionale e che sempre meno si sentono lettori passivi di testi. Certo che il rischio della vanity press è elevato (e le cose potrebbero peggiorare con il recente avvento di chabot basati sull’AI come Chat GPT e simili) però è pur vero che, rispetto al passato, oggi la pratica è molto più trasparente proprio perché è economicamente alla portata di tutti e sotto il controllo dell’autore stesso che può decidere autonomamente quanto investire sulla sua opera (formati, editing, promozione, etc.). Il self-publishing su piattaforme specializzate come Amazon o Youcanprint è diverso dalla pratica di pagare (anche profumatamente) un editore tradizionale per essere pubblicati. Insomma, senza soffermarsi subito sugli elementi negativi (la “vanity press” è sempre esistita, anche quando l’editoria era solamente cartacea) io proverei a rimarcare quelli positivi, ad esempio l’aumento della platea di scrittori e lettori. E poi, comunque, in ambito scientifico-accademico la maggior parte delle cosiddette “pubblicazioni predatorie” alla fine saltano fuori e vengono scoperte e denunciate. Il loro aumento negli ultimi anni non è tanto dovuto al self-publishing quanto piuttosto al consolidamento di sistemi di valutazione della ricerca (sia a livello del singolo ricercatore che di ateneo) basati sulla quantità di pubblicazioni invece che sulla loro qualità, il famoso “publish or perish”. Basterebbe modificare tali modalità di valutazione e, probabilmente, la vanity press in ambito accademico diminuirebbe.
La riproduzione di un e-book, come qualunque altro tipo di file, è alla portata di qualsiasi utente. Come è regolamentata la distribuzione gratuita di contenuti digitali?
Nel quadro legislativo vigente, sia a livello europeo che domestico – non esiste un’autonoma nomenclatura codicistica che comprenda i cosiddetti “contratti di dati personali”. Il concetto è utilizzato per tutte le transazioni che coinvolgono, da un lato, il trasferimento di dati personali e, dall’altro, la fornitura di contenuti o servizi digitali). Pertanto, è essenziale delimitare l’ambito di una possibile e nuova categoria contrattuale, qualora sia possibile definirla tale, anche attraverso ulteriori campi di studio.

Emiliano Ilardi insegna Sociologia dei processi culturali e comunicativi e Digital Storytelling presso l’Università degli Studi di Cagliari. I suoi principali ambiti di ricerca sono la sociologia dell’immaginario, la sociologia urbana, la comunicazione e la valorizzazione dei patrimoni culturali materiali e immateriali.

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