Esther Etty Hillesum: “È un periodo troppo duro per persone fragili come me. So che seguirà un periodo di umanesimo.”
Qual è il lascito di questa giovane donna che redige undici quaderni fitti fitti durante una pagina nerissima per la storia umana?
La sua scrittura è di una disarmante onestà. Gli orrori della Shoah, che pure la travolgono, sembrano quasi fare da sfondo di fronte al suo coinvolgente percorso di ricerca interiore, registrato nei diari e nelle lettere. Etty desidera un modo nuovo e liberante di vivere le sue relazioni, ma soprattutto di conoscere se stessa. Etty testimonia quanto ognuno di noi sia un grumo di contraddizioni e che solo l’essere presenti a se stessi può mettere al riparo da un giudizio che esclude l’altro e che semina odio.
Rilke, Tommaso da Kempis, Sant’Agostino, il Corano, il Talmud, il Tao The Ching costituiscono le letture di Etty.
In quali termini si può descrivere il suo rapporto con Dio?
In primo luogo, quello di Etty con Dio è un rapporto personale e, a mio modo di vedere, aconfessionale. È un’ebrea di nascita che scopre la Bibbia attraverso la lettura cui l’avvia il suo amico, amante, guida Julius Spier. Legge con emozione le lettere di Paolo e vi trova parole che le aprono strade inaspettate nella sua ricerca di senso all’amore, all’amicizia, all’altro da sé. Dio le appare come «la parte migliore» di ogni essere umano, come un pozzo da dissotterrare e a cui attingere senza fine, per citare alcune delle immagini più note dei suoi scritti.
Poeti, pensatori, figure di straordinaria statura campeggiano nelle fitte pagine dei diari di Etty Hillesum, come compagni di viaggio a cui ella riconosce, con gratitudine profonda, intuizioni sul mistero della vita e dell’essere umano. Non sono solo letture, ma interlocutori straordinari, che le parlano in ogni momento, la accompagnano fino alla fine, sostenendola mentalmente e spiritualmente. Resta Dio, anche nel campo di smistamento di Westerbork, come un compagno di viaggio insostituibile, a braccetto col quale procedere nella “passeggiata” della vita, fino alla fine.
Etty nel tempo della persecuzione incita sé e gli altri ad essere “una generazione vitale”. vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino all’ultimo respiro.”
Chi è il nemico da sconfiggere per “vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino all’ultimo respiro.” ?
Sicuramente l’odio. Questa emozione, che è pure tanto prevedibile di fronte all’orrore della persecuzione nazista è considerata un’arma letale quanto il peggiore ordigno bellico. Odiare travolge chi è odiato, ma distrugge anche chi prova questa terribile passione. Etty lo sperimenta, fin da quando lavora al Consiglio Ebraico. Vivere nel modo migliore possibile significa per lei non aggiungere un solo “atomo di odio” a quello che già la stritola giorno per giorno. Rispondere al male col male significa smettere di vivere. Ed Etty vuole arrivare viva fino alla fine, a quella fine che non conosce fino in fondo.
Etty non è una martire, ma una innamorata della vita, che vorrebbe salvarsi insieme alla sua famiglia e che si trova a vivere un dramma, di cui spesso le sfuggono i contorni reali.
I suoi accurati studi hanno, evidentemente, richiesto ricerche meticolose. Vivere con consapevolezza storica può costituire la garanzia di un futuro per l’Europa al riparo dai totalitarismi?
Sì, Etty insegna molto in tal senso. Non sapeva che cosa accadesse in Polonia, verso cui era cosciente che prima o poi sarebbe partita. Lo zaino già pronto per il viaggio era per quell’ignota terra, per campi di lavoro che si credevano insopportabili, dentro il quale prova a mettere l’essenziale, il necessario. Etty non aveva contezza dei campi di concentramento, dei forni crematoi di Auschwitz. Non era al corrente di quello che l’aspettava. La sua consapevolezza straordinaria sta nella coscienza del suo tempo, maturata con grande coraggio e resistenza. Un giorno, con la lucidità di chi osserva “dai merli della storia”, si sarebbe dovuto parlare di quel male orribile e insensato, a cui Etty vuole assolutamente sopravvivere per essere una cronista del suo tempo, a servizio delle nuove generazioni; vuole imbracciare la penna come un martello, che scolpisca nelle coscienze il lascito di un’epoca buia e insensata, che pure tanto ha rivelato del mistero che è l’essere umano, nel bene e nel male. La non violenza è l’unica scelta possibile a garanzia di un futuro di convivenza responsabile e pacifica.
Professoressa Rotondo, qual è la sua raccomandazione prima di accostarsi alle opere di Etty Hillesum?
Non cedere alla tentazione di incasellarla, attribuendole idee, adesioni, posizioni che non aveva. Etty Hillesum è una giovane donna irrequieta che ha lottato per liberare se stessa dalla morsa delle aspettative, dalla “voracità” affettiva, dalla prepotenza narcisista. Etty ha cercato se stessa con coraggio, smascherando le sue ipocrisie: per questo va ‘ascoltata’ con la sua scrittura sincera e potente, non va santificata. Dio, un Dio di tutti e per tutti, è forse la conquista più grande e radicale di questo suo percorso faticoso al fondo di sè, senza compromessi, in un tempo sempre più ridotto e per questo vissuto intensamente, con una partecipazione totale.
ARIANNA ROTONDO ha conseguito il dottorato in Storia del Cristianesimo e delle Chiese (età antica, medievale e moderna) presso l’Università di Padova. Attualmente è professoressa associata di Storia del cristianesimo presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. È docente invitato presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania. Le sue ricerche riguardano i modelli di genere e le relazioni sociali nei gruppi cristiani antichi e tardoantichi, la poesia greca biblica (Parafrasi del vangelo di S. Giovanni di Nonno di Panopoli) di V sec. d.C. e la predicazione cristiana come dispositivo di costruzione identitaria nella tarda antichità. Collabora al progetto internazionale in quattro lingue, La Bibbia e le donne, per il quale di recente ha curato il volume Scritti apocrifi e scritti di donne tra primo cristianesimo e tarda antichità (Il pozzo di Giacobbe 2022). Si è occupata degli scritti di Etty Hillesum a partire dal 2011, indagandone diversi aspetti e contribuendo a diffonderne i contenuti anche in ambito accademico. Ha scritto anche della poesia religiosa di Alda Merini.
