LEII Letteratura italiana inclusiva

La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione.

Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?

I numeri parlano chiaro. Un mio articolo accademico (versione precedente open access qui e qui) mostra che le autrici sono assenti nei libri di testo. In particolare diminuiscono man mano che si sale nel grado scolastico, e man mano che i manuali si specializzano sul canone letterario (nelle antologie per le medie le quote di autrici sono quasi paritarie, diminuiscono nei libri per il biennio, crollano in quelli per il triennio, si azzerano nei testi universitari). Questo andamento, da un lato riflette la presenza delle donne nella scuola e nell’accademia (secondo il MIUR, alle medie le docenti sono il 78%, ma 67% alle superiori; all’università le donne sono il 51% dei dottori di ricerca, ma 46% dei ricercatori, 39% dei professori associati, 24% dei professori ordinari), dall’altro, considerando che poete e scrittrici vengono studiate principalmente da donne, i dati mostrano che anche il lavoro delle accademiche viene letto e studiato meno. In definitiva sia le letterate che le studiose di letteratura prodotta da donne, hanno meno autorevolezza negli ambienti sia accademici che editoriali, che mediatici, ancora a prevalenza maschile e poco interessati alla produzione culturale femminile (i dati abbondano su ognuno di questi argomenti).
Basta scorrere gli elenchi dei vincitori dei principali premi letterari per vedere che le autrici sono meno presenti e meno premiate. Dei cinquanta libri finora candidati allo Strega, ad esempio, solo sedici sono firmati da donne. Grazia Deledda ha vinto un Nobel, conteso fino all’ultimo con Matilde Serao, ma oggi, entrambe le autrici hanno a malapena nominate nei manuali. Alba de Cespedes, Joyce Lussu, Natalia Ginzburg, sono state autentiche rivoluzionarie, ma hanno avuto, in vita e dopo, solo una frazione del riconoscimento che meritavano. Elena Ferrante ha scalato le classifiche globali, con #FerranteFever virale in tutto il mondo, il tutto senza mostrare la sua faccia, un’impresa davvero titanica in una società governata dall’immagine. Ma nessun quotidiano italiano le ha offerto una collaborazione fissa come ha fatto il “The Gardian”.

Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie, visioni del mondo, sensibilità politiche e filosofiche; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili.
Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?

In passato mi sono occupata della visione anti-idialliaca della maternità in alcune autrici, come Comencini e Ferrante, ma i nessi possibili sono infiniti. È un esercizio sempre possibile e praticato da sempre da studiose e studiosi di letteratura.
D’altro canto, non sono certa che individuare un filo che leghi le autrici sia la strada giusta o il messaggio corretto da dare. Questo filo non finirebbe forse per legare le autrici facendone un gruppo separato da quello degli auctores canonici? Il famigerato “riquadro a parte” dei manuali?
Non posso fare a meno di domandarmi: qualcuno ha mai parlato di fil rouge che lega gli autori maschi? E la risposta è semplice: no, nessuno, perché, la letteratura prodotta dgli uomini e il punto di vista maschile sono sempre stati considerati universali, universalmente validi e rappresentativi di tutta l’umanità, mentre le scrittrici sono sempre state accusate di rappresentarne solo una parte, che intressa solo a una parte. Vogliamo appunto rovesciare la questione, che la letteratura deve essere universale e deve rappresentare la complessità dell’umano, le opere letterarie di autrici e autori dunque possono rappresentare e interessare tutti.

Dagli anni ’60 del Novecento il corpo delle donne diviene l’interprete della discussione politica, il movimento femminista esplora i paradigmi e i ruoli stereotipati delle donne, mentre l’azione dei collettivi arricchisce le meditazioni sulla differenza di genere.
Quale significato assume, oggi, il termine ‘femminismo’?

Non ho le competenze storiche e filosofiche per addentrarmi in questa discussione, ma mi pare che in Italia il termine femminismo sia troppo spesso frainteso e ridotto di importanza.
Spesso, purtroppo, parlare di istanze femminili o femministe finisce per limitare l’azione o l’interesse alle sole donne. Detto banalmente, gli uomini non hanno corpi femminili, non possono esperire né comprendere appieno le sfide che ai corpi femminili si presentano, è dunque improbabile che rispondere a quelle istanze.
Forse la strada è fare del discorso femminista un discorso più ampio di diritti e liberazione universali che interessi tutt. Personalmente preferisco parlare di lotta anti-patriarcale. Il dominio patriarcale infatti, fagocita tutto, condiziona convenzioni sociali, ideologie politiche e fedi religiose; il potere, da sempre, usa tutto per restare tale e mantenere lo status quo. Il patriarcato, come élite di uomini bianchi cis e abili, che governa ogni ambito umano, pesa su tutt, a partire dagli stessi uomini cis e abili, ai quali impone modelli di mascolinità tossica opprimenti, oltre naturalmente a donne, persone LGBTQAI+, non bianche e disabili che non riconosce ed esclude. La lotta contro il dominio patriarcale, quindi, può veramente dventare la lotta di tutt. Fortunatamente le nuove generazioni sembrano capaci di comprendere questo concetto senza difficoltà.
Riportando il discorso alla letteratura, e all’operazione di LEIi, il primo obiettivo è ridare voce alle donne escluse e silenziate nei secoli e dare spazio e attenzione alla produzione culturale femminile odierna, inserire in maniera paritaria le autrici nei programmi scolastici, sottolineando come questo lavoro sia utile a tutti.
Se a scuola si studiano solo autori, che messaggio si da alle bambine? Che gli autori sono solo uomini? Che solo gli uomini possono compiere azioni rilevanti e degne di memoria? Che le donne non contribuiscono al progresso umano? Che qualsiasi cosa faranno loro stesse in futuro non avrà spazio, né attenzione, né memoria?
Si parla molto ultimamente di educazione affettiva e sessuale; moltissime autrici hanno parlato di violenza psicologica, economica, sessuale, mostrandone chiaramente le dinamiche, Melania Mazzucco, per esempio, in Un giorno perfetto, entra nella testa dell’uomo violento e della vittima che non ha gli strumenti per opporsi, entra nelle istituzioni che dovrebbero agire ma falliscono. Leggere questi testi può dare un contributo concreto all’educazione affettiva e alla prevenzione delle violenze. Per il progetto LEIi ho già messo insieme una serie di testi sullo spettro della violenza di genere che potrebbero costituire un utile strumento di educazione, lotta e prevenzione, e che spero di pubblicare.

Le donne sono state costantemente presenti da quando esiste l’Arte stessa, intesa in tutte le sue sfumature; tuttavia, il loro tributo documentato rimane comunque scarsamente visibile.
Quali sono, a suo avviso, le ragioni per le quali è stato così arduo sottrarsi all’invisibilità e come vede oggi la condizione della letterata in Italia?

Il monopolio maschile della narrativa. Come mostra Gerda Lerner in un classico (The Creation of Patriarchy), l’invenzione della scrittura e poi della storia decreta il l’esclusiva maschile della narrazione e l’esclusione delle donne. Tornando alla letteratura, tutt, ad esempio, diamo per scontato che non siano esistite poete e scrittrici medievali. Questa certezza si basa sulla mancanza di testimonianze, il fatto che non ci siano giunte opere scrittrici, tuttavia, non mostra con certezza che non siano esistite, l’unica cosa che mostra con certezza è che queste opere non ci sono state trasmesse. Sappiamo dell’esistenza di erudite in epoca medievale (principalmente nobildonne e religiose), ed è ragionevole pensare che abbiano lascito opere scritte, così fece, ad esempio Ildegarda di Bingen. Sappiamo delle mediche della scuola salernitana, tra le quali Trota o Trotula de Ruggiero, autrice di svariate opere mediche, peraltro edite. Sharon Strocchia, nel libro Forgetten Healers, conferma l’esistenza non solo di farmaciste, mediche, botaniche, ma anche di autrici di opere di ambito medico. Semplicemente, le loro opere sono sepolte in archivi e musei e non sono note al grande pubblico.
Accade poi che quando qualche opera ci giunge, come i componimenti di Compiuta Donzella e Nina Siciliana, gli studiosi si affrettino a spargere dubbi sulla loro autentiticità e questa ipotesi (che conferma la versione ufficiale della non esistenza delle autrici medievali) diventa dominante, anche quando non ha fondamento.
I dubbi sull’esistenza di Compiuta Donzella e Nina Siciliana, derivano infatti da un unico studioso, Adolfo Borgognoni, che usa come unica argomentazione, non prove documentarie, ma il semplice fatto che le donne medievali non scrivessero e non fossero interessate alla scrittura. Un aneddoto che mostra perfettamente la potenza del monopolio della narrazione. Un fatto che è ancora più evidente se si considera che nel Quattro-Cinquecento la produzione letteraria femminile raggiunge il suo picco e che le opere delle autrici di questo periodo sono centinaia e tutte leggibili in edizioni moderne (anche se spesso non italiane). Per rendersi conto dell’entità di questa produzione, basta un’occhiata alla pagina Italian Women Writers dell’Università di Chicago, o agli oltre duecento titoli della collana The Other Voice in Early Modern Europe, tutta dedicate ad autrici europee, di cui oltre sessanta italiani (Chicago Series, Toronto Series). Se questi sono i numeri come si giustifica questa assenza femminile da canoni, libri di testo, programmi scolastici e universitari, dalla conosce generale della storia letteraria italiana? Le uniche spiegazioni logiche sono da un lato il pregiudizio, in molti casi inconsapevole, dall’altro un canone che tende a ripetere se stesso mantenendo lo status quo, la modalità millenaria del dominio maschile.

Si reputa che le norme religiose, a cui sono poi seguite le leggi civili, abbiano acuito le disparità e le differenze tra maschi e femmine.

Qual è ad oggi, secondo il suo sentire, lo stato delle discriminazioni di genere?

Per limitarsi al Cristianesimo, molti studi dimostrano che nella Chiesa delle origini le donne avessero un ruolo molto più attivo ed autorevole di quanto si creda. Per fare un esempio, San Paolo, non certo noto per le sue posizioni femministe, in una delle sue lettere (Romani, 16:1-2), raccomanda la sua congregazione alla diaconessa Febe durante la sua assenza.
Come ho avuto modo di appurare scrivendo la mia testi di dottorato sulle rappresentazioni di castità femminile nella letteratura italiana (lavoro che spero di poter pubblicare), la Chiesa costruisce la sua élite sulla castità. Intorno al IV sec., infatti, con la fine delle persecuzioni, l’asceta sostituisce il martire come supremo eroe cristiano. Contrariamente a quanto si pensa, la castità diventa per le donne uno strumento di emancipazione, rifiutando il matrimonio e abbracciando l’ascetismo, infatti, molte diventano figure rispettate, guadagnano l’accesso allo studio dei testi sacri e raggiungono posizioni di autorità. A questo punto la Chiesa si appropria della castità, ne fa mezzo di controllo sulle donne, costringendole a praticare l’ascetismo sotto il controllo ecclesiastico e patriarcale con la monocazione domestica o conventuale. Come dice Marco Marzano, la Chiesa diventa così non solo La casta dei casti (titolo del suo libro), ma una casta di maschi casti che esercitano un potere assoluto escludendo donne e persone non conformi. Ma questo dimostra che il patriarcato, non la religione in sé, decide questa esclusione (e qui non posso non consigliare la lettura di Michela Murgia, in particolare God Save the Queer).
Succede lo stesso alle letterate. Se nel Cinquecento abbondano, con Controriforma e il suo ritorno all’ordine, l’inasprimento delle regole sulla clausura e la subordinazione sociale e intellettuale delle donne, vengono ridotte al silenzio e all’oblio. Ma di nuovo, Riforma e Controriforma non sono solo eventi religiosi ma processi di potere e controllo.

Nel corso del 2020-21 è iniziata una ricerca sui libri di testo di letteratura italiana in uso nelle scuole secondarie e sul numero di autrici citate. Il campione di testi analizzato ha mostrato risultati piuttosto sconfortanti.

Le donne sono infatti una presenza minoritaria, marginale o addirittura inesistente nei manuali.

Con LEII Letteratura italiana inclusiva quale scopo vi prefiggete?

Colmare un’ingiustificata lacuna. Proporre ai e alle docenti materiali sulle autrici da inserire nei loro programmi per agire e attuare un cambiamento reale, dal basso, sul terreno, nelle classi.
L’operazione non è priva di contraddizioni. Pubblicare un manuale dedicato alle autrici e parlare di letteratura femminile, comportano almeno due rischi: attirare l’interesse delle sole donne, e rafforzare l’idea di donne e autrici come gruppo separato, altro da, ancillare, cioè la nefasta logica del “riquadro a parte”.
D’altra parte manuali di questo tipo servono, e disperatamente (di recente sono usciti Scrittrici del Medioevo. Un’antologia, a cura di Elisabetta Bartoli, Donatella Manzoli e Natascia Tonelli; Le autrici della letteratura italiana. Per una storia dal XIII al XXI secolo, a cura di Daniela De Liso; Costellazione Parallela. Poetesse Italiane del Novecento, a cura di Isabella Leardini, e altri), per educare, soprattutto gli e le insegnanti, visto che ad oggi è non solo possibile ma anche probabile laurearsi in Lettere senza aver mai studiato una sola scrittrice.
Non c’è una via d’uscita. Quello che posso dire è che, se mai il progetto LEIi dovesse diventare un libro (cosa che ovviamente speriamo), non si proporrà come manuale, ma come manuale integrativo a quelli già esistenti, un testo dal quale attingere per colmare la lacuna storica che ci perseguita da secoli. Un’operazione che deve partire dal basso, insegnante per insegnante, classe per classe, studente per studente.

Può fornire una definizione dell’aggettivo “inclusivo”?

Che vuole includere chi che è stato immotivatamente escluso. 

Marianna Orsi

Laureata in Lettere a Pisa, ha conseguito Master of Arts e PhD in Italianistica e studi di genere alla Indiana University, dove ha insegnato per diversi anni lingua e cultura italiana. Dopo vari incarichi di docenza, sia in Italia che all’estero, è attualmente lettrice di italiano a University College School a Londra. Autrice di vari saggi pubblicati in rivista e volumi miscellanei, si occupa principalmente di questioni di genere nella letteratura e nella cultura italiana, tra i quali Fading Away: Women Disappearing from Literature Textbooks or How Italy Obliterates Female Intellectual Work (in Sharon Hecker and Catherine Ramsey-Portolano Eds., Female Cultural Production in Modern Italy: Literature, Art and Intellectual History, Palgrave, 2023).

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