Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova

A Genova, nel luglio del 2001 i movimenti no-global e le associazioni pacifiste diedero vita a manifestazioni di dissenso, seguite da gravi tumulti di piazza, con scontri tra forze dell’ordine e manifestanti. Venne ucciso il manifestante Carlo Giuliani. Su quali temi politici, economici, sociali s’innesta la vostra riflessione?
BARILLI E DE CARLI:
Crediamo sia importante sottolineare, prima di tutto, che il nostro è un fumetto, un’opera di narrativa. Certamente ha una valenza sociale e rispecchia il nostro impegno civile, ma se ci parli di una riflessione che si innesta su temi politici, economici e sociali forse attribuisci al nostro libro un valore che non può avere… Noi semplicemente volevamo raccontare una storia, che si innesta (questo sì) in un panorama tragico e complicato, ma che resta la storia di un omicidio, mai davvero perseguito, e anche il ricordo di quella vita spezzata.
Di tutti i fatti di Genova uno solo è rimasto fuori dall’aula di un tribunale. La mattanza della Diaz, le torture di Bolzaneto, i “fatti di strada” hanno avuto risposte processuali, anche se contraddittorie e spesso discutibili. Ed è paradossale e drammaticamente significativo che l’omicidio di Carlo, ossia il fatto più tragico e irrimediabile, non sia stato oggetto di un pubblico dibattimento in un tribunale. Per questo abbiamo voluto “isolarlo” nel nostro lavoro, unendo però alla ricostruzione dell’evento, e dei suoi molti lati oscuri, il ricordo di Carlo come persona.
Abbiamo voluto ripercorrere non solo la sua ultima giornata, ma la sua personalità. Ci sono stati preziosi i colloqui con i genitori Haidi e Giuliano e la sorella Elena, i ricordi degli amici, le sue poesie e i suoi biglietti, che testimoniano una personalità complessa e sfaccettata e soprattutto una sensibilità fuori dal comune, ben diversa dall’immagine da “vandalo” che sbrigativamente i media hanno costruito attorno alla vittima.
Abbiamo scelto di fare interagire i narratori con elementi “simbolico/evocativi” della storia. Volevamo smontare l’immagine di ragazzo “figlio di nessuno” che molti media hanno voluto cucirgli addosso. Questo, sia chiaro, non avrebbe reso meno tragico l’omicidio, ma ci sembrava giusto testimoniare come Carlo fosse parte integrante di una famiglia che l’amava, fino a introiettarne simbolicamente, nel nostro libro, l’ultima scelta “facendo propri” l’estintore, il passamontagna e il rotolo di scotch.

Il G8 di Genova è una parte di storia della Repubblica italiana. Un fatto nero che ha lasciato una traccia incancellabile. Due giorni di violenze. Una città messa a ferro e fuoco. Anni di processi, condanne, proscioglimenti, prescrizioni.
Quali strade avete percorso per acquisire informazioni utili al dipanarsi della sua narrazione?

BARILLI E DE CARLI:
A nostro avviso è sbagliato parlare di “una città messa a ferro e fuoco”, espressione che fa pensare a uno scontro tra due forze che si fronteggiano con violenza uguale e opposta. Non neghiamo che ci siano stati eccessi da parte dei manifestanti, ma se le giornate del contro G8 si sono trasformate in ciò che tutti hanno visto è stato a causa della gestione dell’ordine pubblico. E anche la risposta della Magistratura è stata terribilmente strabica, con un’evidente disparità tra i manifestanti (condannati a pene pesantissime, con corollario di reati come la “devastazione e saccheggio”, degno di tempi di guerra…) e le forze dell’ordine, trattate ben diversamente…
Da allora sono emersi filmati e fotografie, sono stati celebrati processi, la bibliografia si è arricchita di una miriade di titoli: film, romanzi, ricostruzioni saggistiche e opere di fiction…
Questo ci ha portato a una riflessione. “O ti racconti o sei raccontato”, dice spesso Checchino Antonini, giornalista molto attivo nel seguire i movimenti sociali e che peraltro firma la postfazione al nostro libro. La sua frase vale a livello individuale come a livello collettivo: nel senso che la forza del movimento del 2001 è stata la capacità di contrastare, nonostante la disparità di forze in campo, la narrazione dei media mainstream. E Carlo, abbiamo pensato, è l’unico che la sua Genova non ha potuto raccontarla… Per questo abbiamo cercato di farlo noi, con l’aiuto di chi lo ha conosciuto e amato, come accennavamo nella prima risposta.
Insomma, le strade che abbiamo percorso per documentarci e costruire la nostra narrazione sono state molteplici, dalla classica documentazione bibliografica fino a quella più intima e umana che ci è stata fornita dalla famiglia. E aggiungeremmo che è stato importante per entrambi andare a Genova, camminare lungo le strade che segnano il nostro racconto, fermarsi nella casa che è stata di Carlo, dormire nella sua stanza… Si torna a quanto dicevamo all’inizio: un libro come il nostro non è solo “controinchiesta”, è anche un lavoro costruito da sensazioni e sentimenti.

Dalla vostra testimonianza narrativa emerge la storia di una complicità istituzionale. Una complicità trasversale che ha costruito le condizioni affinché a Genova saltasse tutto.
Dopo vent’anni reputate che vi siano ancora circostanze da chiarire in tal senso?

BARILLI E DE CARLI:
Se parliamo di percezione nella “gente comune”, ossia tralasciamo chi, per mille motivi e in diversa forma e misura, ha voluto o dovuto informarsi, crediamo che la narrazione sia ancora tutta da costruire. E’ passato un messaggio, nella migliore delle ipotesi, di soprusi subiti da singoli cittadini da parte delle forze dell’ordine; soprusi numerosi ma comunque inseriti nella retorica “delle mele marce”, per così dire. Ma una valutazione su Genova non deve essere la semplice sommatoria di quegli abusi. Non è possibile addebitare quei fatti a semplici esagerazioni delle forze dell’ordine. Genova non è stata un’esagerazione, è stata una trappola, preparata per mesi e tesa a screditare e intimorire, prima ancora che massacrare, il movimento. E quella trappola si inserisce in un panorama non solo nazionale… Ricordiamo che poco tempo dopo, l’11 settembre, c’è l’attentato alle Twin Towers, che causa non solo una terribile strage, ma pure una catena di conseguenze che hanno ridefinito la politica internazionale e sconvolto la scala di priorità fra parole come diritti e sicurezza. Il risultato finale di Genova, e in generale di quello scorcio di inizio secolo, è stato espropriare una generazione della sua proposta politica, cancellare una visione alternativa di mondo che faceva paura a chi sta “nella cabina di comando”. Non è una novità: “there is no alternative” era un motto della Thatcher. Tutto sommato (e purtroppo) questo non è cambiato…

Piazza Alimonda, Carlo Giuliani, da una fotografia dell’agenzia Reuters, compare con il passamontagna ed un estintore sollevato sopra la testa. Intanto, una pistola spunta da una camionetta dei carabinieri. Quali competenze logiche ritiene che i cittadini debbano possedere per prendere parte efficacemente al discorso pubblico, praticando un consenso ed un dissenso civile?
BARILLI E DE CARLI:
Per molti la ricostruzione di quanto successo a Piazza Alimonda si è fermata a quella foto, ritenuta il punto di arrivo di un’inchiesta talmente banale da essere già scritta: “durante un attacco da parte di facinorosi a una camionetta dei carabinieri, un dimostrante è rimasto colpito da un militare”, per intenderci. Una sentenza di legittima difesa pronunciata non da un tribunale, ma da esponenti politici e forze dell’ordine, per essere poi velocemente adottata dai principali organi di informazione. Chi invece ha approfondito la vicenda di Piazza Alimonda, e in generale delle giornate genovesi di ormai vent’anni fa, sa che quella foto è stata solo un punto di partenza: i fatti di Genova si sono arricchiti di molti particolari, sia sui media (più su quelli alternativi che sui principali) sia nelle aule processuali, ricostruendo quelle terribili giornate. In sostanza, sinceramente non crediamo ci vogliano particolari competenze logiche per partecipare al dibattito su quanto accaduto nel luglio 2001. Bastano partecipazione, voglia di informarsi senza pregiudizi… E un minimo di conoscenza della storia, visto che quanto accaduto nel capoluogo ligure non è privo di precedenti. Peccato solo che la storia sia una maestra di vita, sì, ma di una scolaresca poco attenta…
“Carlo Giuliani: Il ribelle di Genova” Chi è l’autore di tale definizione ed in qual misura Carlo è stato predittivo del disagio sociale, economico, culturale in cui ci barcameniamo?
BARILLI E DE CARLI:
La citazione è tratta da una lettera del subcomandante Marcos indirizzata al movimento italiano il 15 febbraio 2003. Marcos si rivolgeva ai “fratelli e sorelle dell’Italia ribelle”, in occasione delle mobilitazioni del mondo pacifista contro la guerra in Iraq. “Questa guerra” scriveva il rappresentante dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale, “vuole che scrolliamo le spalle, che facciamo del cinismo una nuova religione, che rimaniamo in silenzio, che ci conformiamo, che ci rassegniamo, che ci arrendiamo, che dimentichiamo. Che ci dimentichiamo di Carlo Giuliani, il ribelle di Genova…”. La citazione non è solo significativa per il contesto in cui fu scritta e per la sua provenienza: ci è sembrata anche l’unica “formula” capace di riassumere tutte le definizioni possibili per Carlo, e per questo l’abbiamo scelta come sottotitolo del nostro libro.

Francesco Barilli: Nato nel 1965, per BeccoGiallo ha curato gli apparati redazionali di Ilaria Alpi, il prezzo della verità (2007), Dossier Genova G8 (2008), Il delitto Pasolini (2008), Peppino Impastato, un giullare contro la mafia (2009). Ha contribuito al libro Fausto e Iaio. Trent’anni dopo (Costa & Nolan, 2008). Ha scritto con Sergio Sinigaglia La piuma e la montagna (Manifestolibri, 2008), con Checchino Antonini e Dario Rossi Scuola Diaz: vergogna di Stato (Edizioni Alegre, 2009). Ha realizzato alcune storie brevi a fumetti, apparse sul settimanale La Lettura del Corriere della Sera, su Linus, Wired e STORMI.
Con Manuel De Carli è autore di Carlo Giuliani, il ribelle di Genova (BeccoGiallo, 2011 – pubblicato in Francia per Les Enfants Rouges e in Germania per Bahoe Books) e di Il delitto Matteotti (BeccoGiallo, 2018).
Con Matteo Fenoglio è autore di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia (entrambi BeccoGiallo, 2018). Sempre con Fenoglio ha scritto un breve saggio sull’uso del fumetto per raccontare le stragi di Milano e Brescia, apparso su Piazza Fontana 43 anni dopo. Le verità di cui abbiamo bisogno (a cura di Stefano Cardini, Mimesis Edizioni, 2012).
Con Sakka è autore di Goodbye Marilyn e di Vincent Van Gogh. La tristezza durerà per sempre (entrambi BeccoGiallo, 2016 e 2019). Da Goodbye Marilyn è stato tratto l’omonimo cortometraggio animato, con regia di Maria di Razza, presentato a settembre 2018 come evento speciale alla XV edizione delle “Giornate degli Autori” nell’ambito del 75° Festival del cinema di Venezia.
Con Lele Corvi è autore di Vita eccessiva di John Belushi (BeccoGiallo, 2019).
Con Alessandro Ranghiasci è autore di Socrate (BeccoGiallo, 2020).
Con Massimiliano Talamazzi è autore di Fausto e Iaio. Per il nostro domani (BeccoGiallo, 2021). Il suo blog è francescobarilli.blogspot.it

Manuel De Carli: Nato a Trento nel 1970, dal 1996 collabora con riviste a fumetti. Tra le pubblicazioni uscite: Fortezza Europa – Storie di mura e di migranti (Coniglio, 2006), Resistenze – Cronache di ribellione quotidiana (BeccoGiallo, 2007), ZeroTolleranza – Immagini che producono azioni (BeccoGiallo, 2008) e Global Warming, 28 fumetti inediti contro il riscaldamento globale (NdA Press, 2010). Ha fatto parte della collettiva Fumetti partigiani, una mostra di storie a fumetti dedicate alla Resistenza partigiana (Casa della memoria e della storia di Roma, 2009). È autore del libro a fumetti Intimo Cucito (Centro Fumetto Andrea Pazienza, 2007). Ha disegnato Thyssenkrupp, Morti Speciali S.p.A. su testi di Alessandro Di Virgilio (BeccoGiallo, 2009), mentre con Francesco Barilli ha disegnato Carlo Giuliani – Il ribelle di Genova (prima edizione: BeccoGiallo, 2011 – Les Enfants Rouges, 2012 – Bahoe Books 2016), La mimosa della partigiana Chicchi (CPCG, Genova 2015), Il delitto Matteotti (BeccoGiallo, 2018). Ha lavorato per Bompiani, La Lettura-Corriere della Sera, Il Manifesto, Carta e La Nuova Ecologia ed è stato illustratore/vignettista del sito l’isoladeicassintegrati.com. Ha vinto il premio del concorso di satira Caneva Ride 2014. Il suo sito personale è http://www.manueldecarli.it.

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